CORTE UE, NO A COSTI AGGIUNTIVI SU PAGAMENTI
Questo è valido qualunque sia lo strumento scelto

E' legittimo vietare di imporre costi aggiuntivi, rispetto ad un prezzo o ad una tariffa stabilita, qualunque sia lo strumento di pagamento; lo stabilisce una sentenza della Corte Ue emessa oggi. Per i giudici, la direttiva europea consente agli Stati membri “di vietare in maniera generale ai beneficiari di imporre spese al pagatore quale sia lo strumento di pagamento, a condizione che la legge nazionale, tenga conto della necessità di incoraggiare la concorrenza e promuovere l'uso di strumenti di pagamento efficaci”. Anche se i 28 dispongono “di ampio margine di discrezionalità”.
Il divieto a costi aggiuntivi per i pagamenti può applicarsi anche a un gestore di telefonia mobile, affermano i giudici di Lussemburgo. Il pronunciamento della Corte nasce infatti da una controversia tra la T-mobile Austria ed un'associazione di consumatori. La T-Mobile Austria, fornitore di servizi di telefonia mobile in Austria, prevedeva nelle sue condizioni generali di contratto l'addebito ai suoi clienti delle spese di gestione in caso di pagamento mediante bonifico online o per mezzo di bollettino cartaceo. Venivano così addebitate spese aggiuntive mensili pari a tre euro ai consumatori abbonati alla tariffa che avevano optato per tali modalità di pagamento.
Il Verein fuer Konsumenteninformation, un'associazione austriaca di consumatori, ritiene che tale pratica sia contraria alla legge austriaca sui servizi di pagamento. Tale legge vieta infatti ai beneficiari del pagamento di imporre spese qualunque sia lo strumento di pagamento scelto. La T-Mobile Austria, invece, sostiene che ad essa non si applicano né tale legge austriaca, né la direttiva dell'Unione che questa traspone (direttiva riguardante i servizi di pagamento), dal momento che essa non é un prestatore di servizi di pagamento ma un gestore di telefonia mobile. Inoltre, la T-Mobile Austria sostiene che il legislatore ha, in violazione della direttiva, omesso di motivare il divieto in causa e che un bollettino di pagamento non costituisce uno strumento di pagamento ai sensi della direttiva.
Su domanda dell'associazione dei consumatori, i tribunali austriaci di primo e secondo grado hanno inibito alla T-Mobile di inserire la clausola controversa nei nuovi contratti e di farne uso nell'ambito dei contratti esistenti. Investito in ultima istanza della controversia, l'Oberster Gerichtshof (Corte di cassazione austriaca) chiede alla Corte di giustizia di interpretare la direttiva in tale contesto. (ANSA)