MINORI: PER FERMARE NEKNOMINATION PIU' REGOLE SULLA RETE
Facebook imputato numero uno per associazioni ed esperti

Cinque ragazzi morti nel giro di pochi mesi in diversi Paesi del mondo. E tanti altri finiti in ospedale in coma etilico. E' questo il risultato della nuova moda diffusa su Internet, la NekNomination, che sta pericolosamente prendendo piede anche in Italia. Un gioco alcolico, fatto di bevute, in cui si viene nominati per bere tutto d'un sorso, birra o superalcolici, davanti agli amici pronti a riprenderti con una webcam o un telefonino. Quindi si posta il video per 'nominare' altri amici che dovranno bere, a loro volta.
Nato in Australia si diffonde in Inghilterra, Stati Uniti, Irlanda e adesso anche in Italia. La catena si moltiplica sul web, Facebook è il luogo preferito dove pubblicare i video e nominare altri 'adepti'. E proprio la rete è l'imputato numero uno per associazioni per la difesa dei minori così come per gli esperti come Michela Vittoria Brambilla, presidente della commissione biacamerale infanzia e adolescenza e la psicoterapeuta Maria Rita Parsi.
Ai gestori di social network, “che hanno largamente contribuito alla diffusione virale di queste rischiosissime bravate alcooliche - afferma Michela Vittoria Brambilla - chiedo di assumersi la propria responsabilità: rifiutino la pubblicazione dei video che documentano le bevute e lanciano nuove sfide, interrompendo la triste catena di sbronze. Non solo, visto che all'estero ci sono già stati casi di morte, dovuti a questa moda, i nostri ragazzi devono innanzitutto sapere che 'nominando', cioè invitando altri a bere, possono rendersi colpevoli di un reato”.
Antonio Marziale, dell'Osservatorio sui diritti dei minori, chiede “controlli a livello internazionale su Internet che globalizza le tendenze ed è da ritenersi il vero padrone delle coscienze degli adolescenti”. “E' necessario - sottolinea Marziale - mettere mano a un protocollo internazionale, pensare a leggi chiare che possano arginare questi fenomeni. L'adolescente ha sempre sentito una grande attrazione per la trasgressione, se non ci fosse il controllo farebbe di tutto, sperimenta qualsiasi cosa, ecco perché non si può derogare a seri controlli della rete”.
A lanciare l'allarme anche il Moige, Movimento Italiano genitori, che attraverso la propria pagina Facebook ha segnalato la diffusione del fenomeno in Italia. “E' una delle derive dei social network - dice la presidente Maria Rita Munizzi - che concorrono ad ampliare e amplificare anche mode negative come questa, in brevissimo tempo. Riteniamo dunque che ci sia una responsabilità' da parte degli amministratori di Facebook e degli altri social network usati dai giovani per neknominarsi”.
“Queste piattaforme – continua la presidente del Moige - sono terra di nessuno, regole e controlli sono spesso risibili e al genitore non è consentito l'esercizio di alcun tipo di controllo sulla 'vita virtuale' del proprio figlio minorenne, che si può iscrivere senza nemmeno il consenso genitoriale. Chiediamo che vengano rimossi questi video, in modo che il fenomeno non continui ad auto-alimentarsi. Ci auguriamo che il Ministero per la Salute incentivi le campagne rivolte ai giovani sui danni provocati dall'alcol”.
Per spiegare le motivazioni che spingono i ragazzi a provare e sperimentare la Neknomination, la psicoterapeuta Maria Rita Parsi afferma che “questo problema riguarda soprattutto quei ragazzi che sono alla conquista dell'autostima, che intendono affermarsi attraverso momenti che li rendono protagonisti agli occhi di una platea numerosa, come può essere il social network, aperto a milioni di spettatori. Quindi si lanciano, in maniera estrema, verso una sfida sempre più pericolosa che superi in protagonismo quello che ha fatto un altro”.
“Sono ragazzi con esperienze familiari dure – continua la psicoterapeuta - E' un problema che attraversa trasversalmente ogni classe sociale, senza differenze”. Un problema che va affrontato, secondo Parsi, con “le stesse regole che valgono per la vita reale. Non si può pensare che il mondo virtuale possa godere di impunità. I ragazzi devono sapere che certi comportamenti devono essere perseguiti. Quindi devono essere assicurate più regole, più controlli, e una formazione degli educatori. Ma soprattutto - sottolinea - vanno date ai giovani altre sfide, diverse da queste assurdità”. (Adnkronos)