ENTRO IL 2015 900 MILA POSTI LAVORO NELLA INFORMATION TECHNOLOGY

Rapporto curato dal think tank Glocus su professioni e lavoro nel 21° secolo

In Italia mancano le figure professionali in grado di utilizzare le nuove tecnologie. L'Internet Economy vale solo il 2% del Pil, contro il doppio della media europea. E' quanto emerge dal rapporto “Professioni e Lavoro nel 21° secolo” curato dal think tank Glocus e presentato ieri a Roma. In Europa, sostiene Glocus, la domanda di lavoro nel prossimo triennio sarà concentrata soprattutto sull'istruzione e la formazione radicalmente trasformati dalla rivoluzione digitale
degli ultimi anni. Entro il 2015 si prevede che ci saranno circa 900mila posti di lavoro vacanti a causa della scarsità di figure professionali dell'Information and Communication Technology. In particolare, c'è necessità di progettisti di sistemi informatici, consulenti di software, analisti e sviluppatori di applicazioni, esperti di usabilità e accessibilità, medici e operatori sanitari specializzati nell'assistenza domestica grazie alla domotica, ingegneri esperti nella tecnologie a basso impatto ambientale, esperti di sicurezza dei sistemi. Una rivoluzione che sta abbracciando anche il comparto manifatturiero italiano, il secondo in Europa per esportazioni dopo la Germania, che soffre la carenze di figure altamente specializzate. 
L'Internet Economy italiana contribuisce alla formazione del Pil per appena il 2%, circa 32 miliardi di euro (studio McKinsey) rispetto alla media europea del 4%, con picchi del 7% in Paesi la come Germania e nel Nord Europa.
“L'unico modo per uscire da una situazione che vede il tasso di disoccupazione giovanile italiano al 40,5%  - si legge nel Rapporto - è quello di riallineare l'offerta di lavoro alla domanda del mercato, riformando alla base il sistema dell'istruzione e della formazione. Non basta dunque una politica degli incentivi per le assunzioni, ma servono degli interventi volti a preparare i lavoratori ad un mercato ormai cambiato”.
Per questo Glocus propone, accanto a una prioritaria riforma del diritto del lavoro e all'introduzione della formula contrattuale della flexsecurity, anche una profonda riorganizzazione dell'istruzione, a partire già dai cicli della prima infanzia. “Noi partiamo in ritardo - ha spiegato il presidente di Glocus, Linda Lanzillotta - perché abbiamo di fatto mancato l'obiettivo che l'Europa si era data per il 2000/2010. L'agenda di Lisbona ci diceva di puntare tutto sulla formazione, sulla ricerca, sull'innovazione. Per quanto riguarda l'Italia sappiamo com'è andata: nell'ultimo quindicennio il settore dell'education è stato il più definanziato del bilancio pubblico a vantaggio dei settori della previdenza e della sanità”.
In particolare i consumi pubblici per le spese sanitarie italiane dal 1980 al 2009 sono aumentati dal 29,7% al 33,8%, mentre l'istruzione ha visto scendere la quota dal 25,7% al 20%. “Abbiamo speso per gli anziani anche le risorse che dovevano costruire il futuro per i giovani - ha concluso Lanzillotta - ora dovremmo restituirgliene almeno una parte”. (ANSA)