DIGITALE TERRESTRE, RINVIATO A FINE ANNO LO “SWITCH OFF”

Ancora un mese per dire addio alla tv analogica nelle regioni del Nord e Nord Est e risolvere le criticità sull’assegnazione delle frequenze per l’emittenza locale. Le TV regionali della fascia adriatica rimangono sul piede di guerra
“Switch off” ai tempi supplementari. Slitta il passaggio alla televisione digitale terrestre, rispetto al calendario ufficiale stabilito lo scorso gennaio, mentre resta alta la tensione tra emittenti radiotelevisive locali e autorità istituzionali.

   L’addio all’analogico, per le regioni che avrebbero dovuto abbandonare la vecchia tecnologia tra il prossimo settembre ed il prossimo ottobre, è stato posticipato di circa un mese, o poco più, e comunque non oltre la fine del 2010. A deciderlo, lo scorso 3 agosto, il Comitato nazionale Italia digitale, presieduto dal vice ministro delle Comunicazioni, Paolo Romani.

   Così Piemonte orientale, Lombardia, comprese le province di Parma e Piacenza, passeranno al digitale non più a metà settembre, ma tra ottobre e novembre. Sarà poi la volta, entro dicembre 2010, di Emilia Romagna, Veneto, incluse le province di Mantova e Pordenone, ed infine del Friuli-Venezia Giulia.

   Un rinvio, questo, chiesto con forza dalle televisioni locali. Una decisione giudicata inevitabile dagli operatori del settore perché si possano trovare soluzioni ai problemi che sono sul tavolo. Soluzioni senza la quali, spiegano i rappresentanti dell’emittenza locale, “non ci sono le condizioni necessarie ad attuare il passaggio dalla tv analogica a quella digitale”.

   Tra le questioni sollevate dalle televisioni locali, la più spinosa è quella relativa al Piano di assegnazione delle frequenze per le tv a diffusione regionale. Approvato lo scorso 15 giugno dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom), il provvedimento ha da subito scatenato la protesta delle emittenti televisive locali.

   Il PNAF (il Piano Nazionale di Assegnazione delle Frequenze per la radiodiffusione terrestre in tecnica digitale) prevede infatti, accanto alle 25 reti televisive nazionali digitali terrestri, almeno altre 13 frequenze destinate all’emittenza locale per ciascuna area tecnica in cui è stato diviso il territorio italiano.

   A non essere chiara, però, è l’effettiva disponibilità di queste 13 frequenze che, a livello internazionale, sono già state assegnate ad altri Paesi europei confinanti con l’Italia. Una criticità che diventa ancor più seria quando si parla delle regioni italiane della fascia adriatica. Già, perché nella partita del digitale terrestre rientrano anche i paesi della costa est del mare Adriatico (Slovenia, Croazia, Bosnia, Montenegro e Albania). L’assenza di complessi montuosi in grado di esercitare una funzione di schermo tra questi Paesi e le dirimpettaie regioni italiane lascia infatti pensare che i timori di vedersi attribuite frequenze disturbate dai segnali provenienti dall’estero non siano del tutto infondati. Questione non da poco se si pensa che nella tecnologia digitale, un segnale debole o disturbato, a differenza di quanto avviene oggi per la tecnologia analogica, rende la visione non più imperfetta, ma del tutto inibita. Risultato? Le televisioni locali italiane della fascia adriatica rischiano l’oscuramento, con conseguenze pesanti non solo per le società radiotelevisive, ma per l’intero tessuto sociale, economico e culturale delle regioni. Gli effetti negativi di un simile scenario si abbatterebbero non solo sugli utenti, per i quali verrebbe meno il diritto al pluralismo dell’informazione, ma anche sui lavoratori del settore, con gravi danni all’occupazione.

   E le emittenti locali coinvolte, sembrano essere pronte a seguire l’esempio delle venete, facendo ricorso al Tar avverso il Piano Nazionale Frequenze varato dall’Agcom, nonostante sia ora arrivato il freno allo “switch off”. Le rassicurazioni dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, infatti, non tranquillizzano i Corecom e le televisioni delle regioni adriatiche, preoccupati ulteriormente dalla mancanza, nel Piano, di riferimenti ad avvenuti processi di armonizzazione a livello internazionale - così come previsto dalla normativa europea, in particolare dalla Direttiva 2002/21/CE (Direttiva quadro per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica) -, ma anche dall’assenza di riscontri tecnici atti a dimostrare l’inesistenza di interferenze estere.

   Decise alla mobilitazione le emittenti locali marchigiane, (per le quali il passaggio al digitale è previsto per l’inizio 2011) che puntano a costituire un coordinamento che consenta loro di far fronte comune e di agire di concerto, richiamando l’attenzione della Giunta e della Presidenza del Consiglio regionale. Già informati della spinosa questione il presidente dell’Assemblea Legislativa delle Marche ed il Gabinetto del Presidente della Giunta Regionale hanno assunto l’impegno a seguire da vicino il tema, auspicando intanto che il Governo offra garanzie di non interferenza tra le frequenze italiane e quelle degli stati confinanti (in particolare per la fascia adriatica); suffraghi tali garanzie con apposite simulazioni tecniche; renda noti o attivi eventuali incontri internazionali di armonizzazione, rendendo disponibili le documentazioni prodotte; proceda alla immediata convocazione di un tavolo tecnico interregionale adriatico e di tavoli tecnici regionali, per arrivare al coordinamento delle frequenze con gli stati esteri adriatici; rafforzi il coinvolgimento delle emittenti locali nel processo di assegnazione delle frequenze, nel rispetto dell’identità territoriale e culturale delle diverse regioni e, quindi, del Paese.

   E lo slittamento dello “switch off” permetterebbe anche di rivedere la vicenda del cosiddetto LCN (assegnazione alle tv della numerazione sul telecomando), consentendo al Ministero di assegnare i numeri ai singoli canali insieme ai titoli abilitativi, evitando di replicare quanto successo nelle regioni in cui il passaggio al digitale è già avvenuto. I bandi per l’assegnazione dei numeri da assegnare ai canali sarebbero già in preparazione.