INTERNET, LA PAURA DI MOLESTIE CI AUTOCENSURA: "RAGAZZE E MINORANZE PIÙ A RISCHIO"

Lo rivela uno studio di Data & Society, un think tank focalizzato sull'impatto che la tecnologia ha sulle nostre vite, condotto su oltre tremila statunitensi

Prima dei governi, prima della scure algoritmica o umana dei social network, siamo noi stessi ad auto-censurarci online. Opinioni mai condivise, post scritti e poi cancellati. Per evitare molestie, maltrattamenti, persecuzioni. In sintesi: per paura. Un atteggiamento quasi paradossale se si pensa alla Rete come a un luogo dove tutti possono esprimere liberamente le proprie idee. Se questa è l'utopia, ben diversa è la realtà che emerge in una nuova fotografia scattata da Data & Society, un think tank focalizzato sull'impatto che la tecnologia ha sulle nostre vite. La ricerca è stata realizzata telefonicamente dal 17 maggio al 31 luglio 2016 su un campione rappresentativo di internauti statunitensi: più di tremila persone dai 15 anni in su.


I comportamenti lesivi sono stati suddivisi in tre categorie: molestie dirette, come essere minacciati, offesi o vittime di uno stalker (subite dal 36% degli intervistati); violazione della privacy, con immagini o informazioni personali rubate e pubblicate senza consenso (subite dal 30% degli intervistati); essere privati dell'accesso a determinati strumenti o piattaforme, per esempio attraverso l'invio di tonnellate di messaggi indesiderati - il cosiddetto mail bombing - che rendono un account inutilizzabile, o un attacco hacker (ne ha fatto esperienza il 17% degli intervistati). In totale: il 47% degli utenti web d'oltreoceano ha vissuto sulla propria pelle uno degli abusi online sopracitati. Mentre il 72% ha assistito ad almeno un episodio di violenza. Numeri impressionanti. Ad avere la peggio sono le minoranze sia etniche che sessuali (coloro che dichiarano di essere gay, lesbiche o bisessuali), prese di mira più degli altri. Per quel che riguarda il genere, invece, "uomini e donne hanno uguali probabilità di essere bersagliati - si legge nel report - ma le donne sono soggette a una più ampia varietà di abusi online, incluse violazioni più serie". Aggressioni che hanno risvolti anche nella vita offline: dal danneggiamento della propria reputazione al logorio delle relazioni interpersonali, passando per perdite finanziarie.  Certo, lo studio è stato condotto su naviganti degli Stati Uniti. Tuttavia, è legittimo ipotizzare che si potrebbero ottenere dei risultati similari nel contesto europeo.

Ma ancora più interessanti dei dati sul fenomeno della cyber violenza, sempre più diffuso e tecnologicamente evoluto, sono le conseguenze che ha. Davanti agli attacchi non si rimane passivi: una delle reazioni più comuni è - appunto - l'auto-censura, se non la totale disconnessione e la cancellazione dei propri account adottata come strategia di difesa. Ovviamente chi ha già subito una qualche forma di molestia, ha più probabilità di limitarsi degli altri. Ma non è il solo: il 27% di americani ha dichiarato di aver deciso - a un certo punto - di non postare un contenuto per timore di attirare insulti & Co. Un atteggiamento che è più comune tra le giovani ragazze: 41% di donne d'età compresa tra i 15 e i 29 anni adotta tale condotta comparato al 33% di uomini della stessa fascia d'età. "È un altro tipo di censura rispetto a quella effettuata da governi o altre entità, ma ha le stesse conseguenze: la soppressione di certe voci dalla sfera pubblica", spiega a Repubblica Amanda Lenhart, una delle autrici dello studio. Non mancano i casi eclatanti di star e personaggi noti aggrediti che - spesso - hanno deciso di abbandonare i social network. Come la comica Usa  Leslie Jones, o la figlia di Robin Williams, Zelda. Una situazione difficile. Tanto che persino Twitter, finora strenuo difensore della libertà di espressione, ha di recente deciso di mettere a disposizione dei propri fruitori una serie di strumenti per contrastare l'odio online e il cyberbullismo. Serviranno? "Possono ridurre gli episodi più gravi, ma credo che abbiamo bisogno di un cambiamento sociale", conclude Lenhart. "Dobbiamo andare al di là delle semplici soluzioni tecnologiche, e affrontare il problema da molteplici lati. Alle donne che vengono minacciate online spesso si suggerisce di temprarsi o di lasciare il web, non mi sembrano risposte giuste".

Se non si interviene si rischia di compromettere l'esperienza online, avverte Giovanni Ziccardi, professore di informatica giuridica dell'Università di Milano e autore del libro "L'odio online. Violenza verbale e ossessioni in Rete": "L’influenza - dice - è sui toni generali dei dialoghi, che vengono forzatamente abbassati per evitare ritorsioni. In molti casi, però, così si limita la possibilità di esprimere liberamente il proprio pensiero. Questa ricerca è la dimostrazione di come il cyberbullismo, le aggressioni online e lo stalking tra adolescenti siano fenomeni da combattere non solo per il rispetto e l’attenzione dovuta alle vittime, l'aspetto più importante. Ma anche perché sono in grado di condizionare direttamente l’ecosistema digitale, assai fragile, e le conversazioni che vi si svolgono”.

(www.repubblica.it)